Il giudice Canosa ha titolo per parlare in pubblico della riforma sbagliata di una giustizia che resta
ingiusta, perché incompleta e chilogrammatica. Ha titolo non solo perché eletto negli organi
collegiali di rappresentanza magistratuale e con un carico di concorsi e lavori realizzati con
riconosciuta competenza e dedizione: Canosa ha titolo a parlare in pubblico perché non ha mai
ricercato il consenso, al contrario di una certa tradizione di suoi colleghi, soprattutto adriatica.
La prima domanda che utilizzo per rispondere alla sua bella intervista è: perché il magistrato deve
ricercare il consenso, lo stupore della cittadinanza, la meraviglia dei suoi colleghi di sito giudiziario
o dei collaboratori della filiera del procedimento accusatorio?


Serve rendere veloce e certo nei tempi non solo il processo, ma di più, molto di più, il procedimento
deve saper essere certo nei tempi e nelle garanzie. Se tutti i cittadini potessero conoscere cosa
accade nella fase del procedimento, potendo rileggere in controluce ogni singolo passaggio di
quello che io chiamo “safari giudiziario”, chiederebbero una Norimberga per tutti i protagonisti del tempo elastico, trappoloso e senza garanzie della innominabile fase preprocessuale, quivi collocando anche l’istante cinematografico della cosiddetta udienza filtro davanti al Gup, che andrebbe ridenominata “il gonfalone dei disinteressati”.


Nella tradizione adriatica, ma penso non solo in quella adriatica, ci sono quattro tipi di avvocatura:
gli avvocati del diritto, gli avvocati del pareggio, gli avvocati della carne umana e gli avvocati
salutatori. Quando si incontrano gli avvocati della carne umana e un certo tipo di magistratura
stupefacente, il procedimento si allunga a dismisura, perché devono insorgere le condizioni mature per i pattisti che spintonano i patteggiamenti.


Servono riforme puntuali, non tematiche e non ideologiche, che nel centimetro aumentano la qualità delle garanzie per gli indagati, che possano tornare cittadini a pieno titolo se archiviati o assolti, e non, come sovente accade oggi che, anche se assolti o archiviati, vengono restituiti come zolle di
carne umana ai propri progetti di vita, sfiniti e sfacciati nella motivazione. Accade infatti che a volte nelle assoluzioni vengano usati aggettivi pensati per prevalere, poiché prevalere antagonisticamente è la missione del magistrato stupefacente che lancia messaggi etici alla città o, peggio ancora, alla comunità più grande che si chiama opinione alimentata dalla stampa.


Del resto, da fase originariamente secondaria, le indagini preliminari sono divenute il baricentro del
processo, con un incremento della discrezionalità degli organi investigativi che espone a rischi
concreti i diritti dell’indagato. Per affrontare queste criticità, propongo alcuni interventi legislativi
fondamentali:

1) in primo luogo, suggerisco di garantire la certezza dei tempi di durata delle indagini, superando l’inefficacia dell’attuale sistema che, pur prevedendo un controllo sulla tempestività, si perde in procedure complesse e non assicura la ragionevole durata del processo.


2) in secondo luogo, occorre un rafforzamento del filtro selettivo dell’udienza preliminare,
attraverso una motivazione semplificata per la sentenza di non luogo a procedere e una valutazione dell’operato dei magistrati in relazione alle archiviazioni e alle sentenze di non luogo a procedere, al fine di incentivare epiloghi processuali anticipati e migliorare la qualità delle decisioni.


3) quindi, per garantire la neutralità del provvedimento di archiviazione, serve l’introduzione di un mezzo di impugnazione avverso le archiviazioni che contengano valutazioni di colpevolezza, prevedendo un ricorso potenzialmente articolato su più livelli.


4) infine, è necessario garantire la genuinità delle dichiarazioni raccolte in fase investigativa,
introducendo l’estensione dell’obbligo di registrazione fonografica a tutte le dichiarazioni e la verbalizzazione sistematica delle domande che le hanno originate, uniformando le regole dell’esame testimoniale della fase investigativa a quelle del dibattimento.
L’obiettivo complessivo di questi interventi è una riforma urgente delle indagini preliminari che
riequilibri l’efficienza del processo penale con la tutela dei diritti fondamentali dell’indagato, per un
sistema più giusto e rispettoso dei principi costituzionali.


Per garantire questi risultati, è altrettanto indispensabile agire sul fronte delle responsabilità di chi coadiuva, e a volte indebitamente orienta, il magistrato in tale fase delicatissima, prevedendo:

a) la responsabilità civile tipizzata della polizia giudiziaria;

b) la temporalizzazione degli incarichi nella polizia giudiziaria, per evitare che qualcuno si
trasformi in bracconiere che ricatta gli stessi pubblici ministeri;

c) il divieto dell’uso degli aggettivi nelle relazioni della polizia giudiziaria e la loro non
modificabilità a chiamata, nel senso che è necessario svelare con la discovery tutte le edizioni
redatte della polizia giudiziaria;

d) una formazione particolare e valutata per ogni innovazione normativa che impatti sulla vita reale
dell’economia pubblica e privata, come ad es. i project financing, le Zes, etc.;

e) la facoltà per l’avvocato di poter far ricorso alla polizia giudiziaria per le sue indagini difensive,
prevedendo anche per la difesa la possibilità di poter attingere al Fondo giustizia per attivare perizie e indagini difensive;

f) infine occorre procedere alla collegializzazione dell’Ufficio dell’accusa, prevedendo, in particolare per i patteggiamenti, nel completamento dell’istruttoria, l’intervento di un nuovo PM.
Dunque, un PM attiva l’iniziativadelpatteggiamento, un altro PM – che non è entrato nell’istruttoria in precedenza – lo conclude proponendolo davanti al GIP competente, per evitare che la provincia italiana diventi un safari di patti inconfessabili e patteggiamenti vergognosi.

g) appare utile a completamento di questo piano per la riforma della giustizia – nel senso di una
giustizia davvero giusta per tutti i cittadini – la redazione di un Piano degli esiti sulle attività che si
conducono coltivando la richiesta di azione penale.
Non più riforme parziali o ideologiche, ma interventi chirurgici e puntuali. Garantire durata,
efficacia del filtro, neutralità dell’archiviazione e genuinità delle prove: questa la ricetta per
restituire dignità e centralità al processo penale, partendo da indagini preliminari finalmente
rispettose delle garanzie di tutti.

Dal quotidiano Il Centro

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