Annuncio che intendo promuovere un’interrogazione parlamentare per fare luce sull’assurda vicenda che si è determinata nella città di Pescara: a causa di un taglio a ciel sereno del 60% del contributo normalmente concesso dal Comune e di atteggiamenti indispettiti e rancorosi da parte dei vertici di Palazzo di Città, la Presidente Carla Tiboni non ha potuto far altro che comunicare che questa edizione dei Premi Flaiano, dopo 51 anni, non si svolgerà nella nostra città.

Una cosa inimmaginabile, uno sciagurato paradosso, una notizia da primo di aprile. È come se da un giorno all’altro si venisse a sapere che la Biennale non si farà a Venezia, o che il Festival di San Remo si terrà a Forte dei Marmi. Ci sono legami e connessioni che non si possono scindere. Se accade vuol dire che qualcosa di estremo è intervenuto. Qualcosa di inaccettabile.
Del resto, è di per sé eloquente e preoccupante che l’avvocato Carla Tiboni, che è persona straordinariamente avveduta e prudente, abbia dovuto prendere atto che qui mancano condizioni di serenità per poter svolgere i Premi.

Chi o cosa ha determinato questo? Quanto ha inciso in questa situazione l’antipatia personale del sindaco di Pescara? Ed è ammissibile che questo possa accadere rispetto a una realtà che è un patrimonio immateriale della città?


Ma ancora, vedo profilarsi un grande rischio che va scongiurato. Il rischio che il modello viziato della Regione di dare mance alla cultura possa strabordare ovunque. A Pescara, infatti, c’era una
tradizione definita e consolidata di finanziamento ai Premi Flaiano.

Quest’anno di colpo la cosa ha assunto la consistenza quasi salivosa di una mancia. Non va bene che questo accada, non deve assolutamente accadere. Quello che occorre è fare luce sulle mance regionali, non esportarne il sistema in riva all’Adriatico.


Nelle tradizioni liberaldemocratiche le istituzioni promuovono e sostengono le iniziative culturali
espresse dalle libertà della società, dai mondi vitali della comunità. Non le vessano, non le umiliano. Non le costringono a migrare altrove perché dispiacciono per ignoti motivi a chi detiene un potere che dovrebbe essere democratico. La vitalità culturale non può coincidere con la genuflessione ai poteri delle istituzioni verticali.

Voglio pensare che il gravissimo accaduto verrà velocemente razionalizzato, permettendo a Pescara di non perdere un “elemento faro” della sua consistenza culturale, della sua riconoscibilità identitaria, della sua capacità espressiva.

Le persone fisiche possono avere antipatie o simpatie, le persone giuridiche NO. Nelle terre vessate da istituzioni sbagliate, illiberali, tiranniche il Capo predetermina i prodotti culturali, li fa vivere, li gestisce, li fa essiccare o morire. Noi dobbiamo essere una realtà altra, testardamente differente. La Cultura con la sua domanda di libertà non può subire l’urto di dissimulati e insidiosi dispetti, tanto nocivi quanto piccini.

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