A chi serve l’Anci che arranca? L’Anci è nata per volontà di don Luigi Sturzo, per rappresentare le
libertà territoriali rispetto alla controparte dello Stato accentratore.
L’Associazione dei Comuni funziona se mette insieme l’intero delle autonomie. Autonomia è la
parola d’ordine. Altrimenti l’Anci che si faccia parte produrrà al massimo arredamento, slide e
catering.
L’Anci non è un ministero da occupare o un consiglio di amministrazione sul quale mettere la propria bandierina. E’ una delle espressioni democratiche meglio riuscite, poiché eleva la voce dei territori fino alle sommità dello Stato. La scelta del suoi vertici esige sempre condivisione, al pari dell’elezione del Presidente della Repubblica. Questa perché sceglie il garante della Costituzione, quella perché individua chi deve dare rappresentanza alle voci che esprimono i bisogni dei Comuni che sono il luogo naturale della vita democratica.
Il centrodestra abruzzese si è reso protagonista di uno strappo istituzionale che non gli fa onore e
che sembra assimilare l’Associazione dei Comuni a uno dei tanti posti di potere da conquistare.
La forzatura messa in atto ieri è una prevaricazione che rivela debolezza: ne avremo dimostrazione
quando Biondi sarà messo alla prova dalle scelte dannose per i Comuni abruzzesi prese dal governo
dominato dal suo stesso partito. Sarà in grado di rappresentare le legittime istanze dei sindaci
abruzzesi o si comporterà come Marsilio, che davanti ai diktat di Roma sbatte i tacchi e china il capo?
L’Anci è voce di libertà per rappresentare le istanze dei cittadini nelle comunità cui appartengono,
non è e non può essere un trofeo da strappare ed esibire.