Siamo alle prese con un argomento che, a mio avviso, non riusciamo a “de-liberare” oggi, nel senso che potremmo anche adottare la misura che riguarderà la nostra agenda dei lavori ma la radice semantica di “deliberare” vuol dire liberare, su questo argomento, il massimo della virtù che ci toccherebbe. Sono convinto che noi, oggi, non riusciremo a “de-liberare”, esattamente come si impone per la gravità e la consistenza della situazione.
Sono contento che a presiedere i lavori di quest’Aula ci sia lei, non perché io faccia una scelta di campo circa le sue simpatie culturali ma perché ci risulta che lei abbia fatto studi impegnati di architettura e anche riflessioni sul degrado, sulle fragilità, sulle manchevolezze di alcune porzioni di territorio urbano e metropolitano e questo mi fa richiamare all’attenzione una città speciale come Roma. Quindi, abbiamo tutte le condizioni per avere attenzione, concentrazione, appropriatezza, per usare parole che possano indurre alla riflessione quest’Aula nel momento nel quale dovrà “de-liberare”, che non è soltanto un atto burocratico, non è acqua piovana su una grondaia a valle dell’attività istruttoria di Ministeri, ragionerie e uffici che, magari, assumono più la postura della medicina difensiva che la postura di un’istruttoria che genera, generativa del meglio possibile sull’argomento che ci sta impegnando.
Il titolo del decreto-legge, contenuto all’interno di questo disegno di legge, recita così: “Misure urgenti in materia di cessione dei crediti”. Io penso che si debba leggere, invece, in un altro modo, per dire la verità e fare emergere la verità: “Misure urgenti” – così doveva essere – “per la qualità delle abitazioni”. Aggiungerei, con termini a me cari, “per la quantità e la qualità delle abitazioni”.
Siamo sicuri che abbiamo fatto tutto il possibile per fare in modo che le abitazioni consentano progetti di vita dei singoli, delle famiglie e delle città? “Abitare” non è un termine qualsiasi, abitare evoca l’abito, l’indossare, l’adattività, il massimo di corrispondenza a ciò che è l’esigenza di colui il quale mette in pratica un progetto di vita. Non può essere che abitare generi paura. Questa notte, in Molise – il Molise viene raccontato nella geografia italiana come una Svizzera del nostro Paese, al Centro -, nella parte alta delle terre alte della Valle del Biferno, in vicinanza di Campobasso, in un luogo bellissimo che assomiglia a un presepe, a Ripalimosani – per me è molto caro questo paese perché ci è passato il Papa del rifiuto-rivoluzione Celestino V – c’è stata l’ennesima scossa di terremoto che, però, questa volta, ha raggiunto quasi il grado V della scala Mercalli. Sapete che cos’è accaduto? Come primo gesto – lo dico all’architetto, al Presidente pro tempore di quest’Assemblea – di bambini, adulti, anziani e invalidi c’è stato quello di allontanarsi dalla casa, di uscire, di dare corpo alla paura e di mettere alle spalle, come un problema, le mura dell’abitazione, perché si temeva che l’abitazione diventasse una bara.
Non può essere che l’abitare evochi la paura. La paura è il contrario della democrazia. Un grande studioso di Torino, Ferrero, ha spiegato che un poco, ma poco, di paura può anche aiutare la democrazia; per esempio, la paura che coincide con la sanzione. Il procuratore emerito Cafiero De Raho mi sa spiegare e ci sa spiegare che la norma perfetta è quella accompagnata dalla sanzione. La sanzione genera paura, un po’ di paura, ma tanta paura distrugge la democrazia e le civiltà. Noi sappiamo che, in Italia, abbiamo numerose realtà urbane insidiate da abitazioni fragili, a rischio di caduta davanti al primo segnale di scossa tellurica.
A fronte di questo, noi avevamo tre strade, come ordinamento, da intraprendere. In primo luogo, i contributi diretti. Mi ricordo un bellissimo convegno del 1976 dei socialisti, quando riscoprirono Proudhon in contrapposizione tra l’idea del marxismo e l’idea, liberissima, liberale, libertaria, liberista, di far fare al privato per quanto riguarda la casa propria; ma poi si sarebbe posto il tema della casa degli altri. Allora i socialisti, della grandezza di Amato, Norberto Bobbio, Luigi Covatta, Gennaro Acquaviva, riscoprirono il concetto di possesso, dicendo facciamoci carico delle case degli altri attraverso l’istituto giuridico e sociale delle case popolari. Allora interverremo noi con contribuzioni dirette. Anche le regioni fecero legislazione su questo. Ma il problema qual era? La lentezza di questo procedimento, la zonizzazione, che non riguardava tutto, di questo procedimento. Allora, si cominciò a pensare, da parte di centri studi e uffici studi, allo strumento dei crediti fiscali, cioè consentire l’immediatezza del meccanismo realizzatore, riparatore, adeguatore, fare in modo che nell’in sé dell’obbligo fiscale partisse la capacità di procedura. Ci abbiamo messo 20 anni dal pensiero dei centri studi – io mi ricordo Mondo Operaio che scriveva su questo, e la casa editrice Sugarco – per arrivare, poi, a metterlo in pratica. Complimenti a chi ha saputo osare su questo. Luciano Violante diceva che, per riuscire a innovare, bisogna non avere paura di oltrepassare il conosciuto. Ecco, si è saputo osare. Qual è stato il limite di quel tentativo, osando? Che non si è fatta prefigurazione dei rischi. La norma sul superbonus è intelligente; certo, andava contenuta, arricchita da guardrail, da meccanismi, diciamo così, di contenimento del rischio.
Bastava l’80 per cento, il 20 per cento di coinvolgimento del privato, perché a caval donato non si guardano i denti, perché, se ci fosse stato il coinvolgimento della finanza del proprietario dell’abitazione, i costi non sarebbero ballati e balzati in alto; se ci fosse stata la “decennalizzazione” della misura, non avremmo avuto che la vita degli operai diventasse zolla di carne umana, cioè gli incidenti non ci sarebbero stati! Si poteva mettere un’età all’abitazione, una casa fatta 24 mesi fa non è giusto che cambi le finestre, così il costo delle finestre impazza. Si poteva mettere anche una soglia di reddito, Benetton e Riva non è giusto che abbiano l’accesso a questo istituto.
Ma rispetto a queste manchevolezze, che hanno generato una misura di inganno sulla legalità, regolarità e legittimità della norma in una percentuale fino al 16 per cento, l’atteggiamento giusto era quello di incendiare l’esperienza o di correggerla e riformarla?
Non so in quale banco o spazio di quest’Aula siano stati seduti i grandi teorici del riformismo italiano. Quando mi sono seduto in quella postazione, tra Cuperlo e Orfini, avendo dietro Speranza e Cecilia Guerra e davanti le personalità che pure ci sono, ho detto: spero che, nel mio posto, non ci siano stati seduti i grandi del riformismo italiano, perché non mi sento all’altezza. Ma il riformismo che cos’è? È l’incendiare ogni volta ciò che si è fatto prima o il migliorare ciò che si è fatto prima rispetto al futuro che dobbiamo affrontare? Questo è il punto! È su questo punto che si rischia la dannazione da parte di legislatori casuali, lo ripeto, casuali.
Vengo da una regione dove la politica è stata furbizia, astuzia, elaborazione, lettura e sapienza. Se penso a Spaventa è sapienza, se penso ad altri, che hanno incontrato il cattivismo della loro condotta, non faccio i nomi, credo sia stata astuzia. Tuttavia, devo anche dire (consentitemelo): ma è possibile che, distruggendo il passato, uno possa scommettere sulla convenienza di fare, poi, lui stesso, da capo? Ma serve questo, per cercare di assegnarsi i meriti? Incendio il passato, azzero tutto e poi ricomincio a fare elargizioni? È necessario fare questo per essere apprezzati? Secondo me, no.
Guardate, sono laico, vi farei anche la graduatoria di chi ho conosciuto con esperienza di Governo: i competenti che non avevano voglia di fare nulla, quelli che non sapevano fare nulla e che, però, avevano motivazione, i completamente privi di ogni esperienza lavorativa che, però, si sono fatti notare per capacità di resistenza e motivazione. Vedo che, nel Governo, alcuni davvero si fanno notare per motivazione; cito un Ministro, senza voler fare graduatorie sugli altri, Fitto, che, di sicuro, si sta affaticando per mettere le ruote al PNRR. Per adesso, ha manifestato preoccupazione, consapevolezza e, secondo me, molta motivazione. Ma vorrei dire attraverso lui e il Presidente di quest’Aula: evitate ogni volta, per attribuirvi meriti, di incendiare il passato. Perché dico questo? Perché rischiate di non avere tempo per raggiungere gli obiettivi che, pure, secondo me, vi stanno a cuore.
Provo a dirvi e lancio una scommessa: sfido chiunque a dichiarare contro di me che, dopo questa deliberazione, non ci saranno altri appuntamenti sullo stesso tema. Non ce la farete a rendere esaustivo il momento di oggi sull’argomento del superbonus. Ci dovrete tornare sopra e sapete qual è il costo di questo tornarci sopra? È che la società, i destinatari della norma, le cittadinanze e le imprese continueranno a pagare un prezzo di lentezza, di non comprensione, di incertezza nel procedimento e se a questo si aggiunge il fatto che l’ordinamento genera una norma e, poi, la nega, se stabilisce una regola e, poi, l’azzera, se realizza una condotta normativa e, poi, la riempie di incertezza, rompendo il patto che c’è tra cittadini e istituzioni, allora, che cos’è l’ordinamento?
Collega Cafiero De Raho, che cos’è l’ordinamento? Quando Norberto Bobbio spiegò perché alla norma serve assicurare adesione sacrale, spiegava che l’adesione sacrale è il coinvolgimento intimo della persona. Se tu “zigzagheggi” sulla norma, non avrai mai l’adeguatezza della condotta! Le imprese hanno paura, le famiglie proprietarie delle abitazioni hanno paura che non potranno rientrare nelle case circondate dalle impalcature. Ma l’avevate calcolato questo? Un milione di persone è coinvolto da questo atteggiamento zigzagante di cui l’Italia non aveva bisogno. Avevamo bisogno di cantieri, avevamo bisogno di far riattivare l’edilizia, che, per tutti i partiti, è il settore traino, non il monitoraggio del PNRR.
È seduto in quest’Aula un ex Ministro cui fu rivolta la domanda: ma perché lei mette l’8 per cento nel quadro economico dei programmi comunitari? Perché quell’8 per cento serve a sciogliere aspetti procedurali resisi complessi volutamente, così noi generiamo lavoro. È un lavoro quasi keynesiano, volutamente reso rinvenibile che però non genera valore. La Mazzucato ci ha spiegato quali sono i lavori che generano valore, e poi ce ne sono alcuni che invece tolgono valore. L’edilizia, se viene condotta semplicemente, in un rapporto diritti e doveri chiaro, con regole urbanistiche chiare, con regole finanzianti chiare, fa traino, fa condotta, fa ruota a tutto il resto. Sylos Labini, se lo leggete a fondo, dice anche questo, quanto al rapporto tra quello che ci deve mettere l’ordinamento e quello che ci deve mettere la società, la libertà, quando fa economia.
Allora, noi avevamo bisogno di una norma autoapplicativa, di semplicità, di immediatezza, di istantaneità, non di 24 emendatività, che rendono la norma difficile per cui anche il direttore generale Ruffini dice: io se lo dovessi fare per casa mia non saprei come si fa.
Ecco, quello è il contrario, quello è il marcatore tumorale degli errori e noi stiamo aumentando il numero delle emendatività che è di più di emendamento, non si capisce dove c’è la linea diritta. Cossiga spiegò che il contrario del diritto è il rovescio. Il diritto evoca la linearità, la pienezza della leggibilità, il magistrato del Consiglio di Stato Zaccardi dice che quando una sentenza non si capisce è fatta male, non è una questione di tipografia, di inchiostro, di chiaro scuro, è la linearità che non c’è. Noi stiamo togliendo linearità, per pretesa di incasso di parte, e stiamo facendo in modo che un settore fondamentale venga colpito, atterrato, ammalato.
Dice Del Barba: fermatevi, mettiamoci insieme, vediamo come possiamo sistemare anche adesso al 91° minuto; non una volta, il Parlamento ha saputo correre ai ripari, riconoscendo una graduatoria di questioni, la politica è nata per fare le graduatorie delle priorità, la politica non è una competizione tra belli, tra gradevoli e piacevoli, la politica trova la sua identità – la sua “iità”, diceva Cacciari – se sa stabilire le priorità. Oggi, la priorità è fare in modo che chi ha creduto allo Stato non rimanga incastrato, incagliato, catturato tra impalcature che stanno fuori, che hanno proprio una comunicazione, perché quei ferri comunicano: non me ne posso andare. Sapete qual è la vita di un’impalcatura? È la vita di una farfalla: vado, mi edifico, sistemo, riparo e me ne vado.
Voi sapete quanto costa un metro quadrato di impalcatura? Secondo me non lo sapete. Qui, hanno fatto un sondaggio anni fa, un monitoraggio, un test di resistenza, diciamo così, rispetto all’ingannevolezza di alcune sostanze e quel test creò antipatia. Mi farebbe piacere chiedere ai tanti che hanno deliberato se sanno quanto costa un metro quadrato di impalcatura. L’impalcatura non può restare lì fissamente, non è un guardiano del faro, un guardiano del fallimento. Abbiamo organizzato, con procedimento legittimato dallo Stato, la cattura delle abitazioni attraverso le impalcature.
Collega De Bertoldi, io conosco la sua ambizione a cercare di fare bene, conosco anche la sua voglia di liberare il meglio di sé – di te stesso – però noi abbiamo organizzato un provvedimento che è segnato da “quasità” e da “restanza”: c’è qualcosa ma non c’è l’intero, c’è una specie di restante “restanza” che però non dà il colpo definitivo ai problemi che pure ci accomunano.
L’F24: qual è il valore che aveva o che ha? L’immediatezza solutiva: questo ha l’F24!
Qual è il limite della piattaforma bancaria, bancante, balcanizzata? È che affida al libero incontro di potenti, di poteri, di capacità relazionali, di salottieri, l’incontro tra domanda e offerta di un credito.
C’è un bellissimo libro, adottato da due facoltà su tre delle nostre facoltà di Architettura – parlo di Roma non di Pescara, ancora arriva a Pescara – dove si afferma che il punto per la città non è la casa propria, ma la casa degli altri! In che modo facciamo che la casa degli altri venga coperta dal libero incontro domanda-offerta di credito? Chi è che faciliterà questo incontro?
Anche nella fase che abbiamo alle spalle, quella che si è quasi conclusa con un po’ di irregolarità e di illegalità, tutti si potevano rivolgere alle banche: Banca Intesa, UniCredit e altre che non cito perché porto troppo rispetto per loro. Sono stato presidente della Commissione finanze e so come si determinava l’inclusione – non ho detto il deglutimento – di questo credito nei confronti di quella banca per quel cantiere. So chi c’è riuscito e chi no, so che cosa accade quando nella libertà della società solo alcuni arrivano e altri no. Ed è questa la ragione per cui, a un certo punto, arriva la norma! Quest’ultima non ci è stata imposta dalla Santa Alleanza: a un certo punto i figli di Dio incontreranno l’attività normativa per arricchire ad arredare la realtà che già c’è. La norma nasce per fare in modo che si realizzi la par condicio di chi ce la fa per patrimonio relazionale suo e di chi non ce la fa. C’è una zona della mia provincia, di cui sono stato presidente, dove tutti i cittadini hanno le guance rosse, sono appassionati di agricoltura e hanno in assoluta disistima la scolarizzazione: ritengono che l’unico elemento di fiducia è la manualità operativa. Non so se quei miei concittadini, bravissimi e con redditi tutti sani, mai una cambiale sottoscritta, sarebbero capaci di convincere l’ufficio di Banca Intesa ad accogliere quella quota di crediti. È questa la ragione per cui non può che essere una piattaforma, affidata al libero incontrarsi nella società, lo strumento attraverso il quale domanda e cessione di crediti si compongono.
Mi permetto di dire – nella parte construens del mio affermare – che noi abbiamo bisogno di velocità, di semplicità, di prendere atto che durante la stagione di funzionamento non ostacolato del superbonus, nel quadro anche di quelle irregolarità che sono state portate in rubrica, la spinta economica c’è stata. Pertanto, apportiamo le correzioni che servono, facciamo in modo, per esempio, che l’istituto dell’F24 possa trovare agevolezza. Dico ciò perché non è vero quello che si è affermato, vale a dire che la soluzione che è stata scritta, quella per esempio del BTP non fa ricorso all’indebitamento! Che cos’è il BTP? Che cos’è il BTP, se non una scommessa, graduata nel futuro, di indebitamento. Abbiamo provato anche a dire: volete fare ricorso alla traduzione- trasformazione in BTP di tutto ciò che va fuori il definito tra domanda e offerta di credito ad opera di assicurazioni e banche? Fatelo partire da subito, andate oltre il 10 per cento per dare pienezza alla misura e non – permettetemi – di ingrossare quella lista di coloro i quali fanno finta.
Se fossimo invitati da Forattini nella sua esistenza attuale, in un salotto, lui ci spiegherebbe che ci tornerebbe utile una distinzione in Italia più che tra destra e sinistra, tra chi fa e chi fa finta. Questo DL assomiglia a una cosa che fa finta, in attesa che si precisi la volontà dell’intero da mettere in campo, nel frattempo però 1 milione di persone, tra dipendenti, imprese e proprietari di abitazioni, sono spaventati.
Nel Molise escono di notte per la scossa tellurica. La direttiva 2014/89/UE, che coniuga programmazione urbanistica territoriale sulla terraferma e specchio d’acqua non è stata assolutamente toccata in Italia e, quindi, accanto alla fragilità delle zone sismiche adesso interviene anche un’altra fragilità, che è quella delle terre bagnate dall’acqua del mare. Tutta la fragilità delle realtà abitate evoca un intervento da parte del potere e dell’ordinamento. Noi su questo non possiamo fare i calcoli del più uno di convenienza, dobbiamo mettere in pratica misure, interventi, attività migliorative, ponendoci, su questioni così vere, in un atteggiamento da interesse statuale.
Ho studiato, in lungo e in largo, per ragioni dovute al fatto che la lotta politica nella mia regione da un certo punto in poi diventa anche lotta giudiziaria e ogni volta che venivo messo, diciamo così, nella pienezza delle accuse, io mi mettevo a studiare. Ho potuto studiare, per esempio, che l’interesse nazionale davvero è il fondo, per esempio, della constituency americana, che è di più della Costituzione e anche della constituency tedesca. Noi sull’interesse nazionale dovremmo collocare il bene casa. In Albania chi oltrepassa le mura dell’abitazione genera una reazione del diritto pregiuridico, cioè vi cacciano a pedate se non siete stati invitati. Tutto ciò per dire la sacralità dell’abitazione! Nella Baviera la casa è finanziata dalla regione, dal Landdella Baviera perché in Baviera la casa è ciò che consente il progetto di vita, quasi un progetto divino! Noi su questo non possiamo essere superficiali, non possiamo fare una specie di conta congressuale tra tutti i partiti, dobbiamo conoscere la fondamentalità di questo bene, la serietà evocativa.
Per tale ragione io chiedo, in primo luogo, se possibile, di vederci in una di quelle riunioni che si fanno – ho imparato qui, nell’angolo più azzeccato, magico del Transatlantico, ci sono spazi, “geometrie salottanti”, che danno luogo al rinvenimento del massimo della virtù -, incontriamoci lì! Anche nei conclavi, a un certo punto, si dà appuntamento a qualche metro di distanza per fare in modo che emerga la luce, l’illuminazione! Direbbe Luciano Russi – uno storico delle dottrine politiche – interviene la luce della laicità; laicità non significa anti-talarità, la laicità significa la capacità di entrare nel merito. Laòs indicava anche il luogo dove si aggregava il popolo distinto dai chierici del tempio. Allora consentiamo la laicità, emerga solo il merito, parliamo di casa. Che c’entrano i proprietari di quelle abitazioni che hanno creduto a una legge?
La legge: quando è accaduta quella bellissima occasione di dialogo con Isacco, era Dio che parlava attraverso Abramo nei confronti di Isacco e chiedeva il grande sacrificio. L’idea di Dio non era che ci fosse adesività formale a quell’invito, voleva sapere – Dio – con quella grande esperienza dell’alleanza: ma tu lo fai quello che ti dico io? Ci credi al fatto che se te lo dico io poi viene il meglio comune possibile? A un certo punto il papà di Isacco, che tanto ci teneva a quel figlio, aderì; quando nel suo cuore intimo aderì non ci fu bisogno del gesto dell’uccisione, si voleva capire se la norma meritava – straordinario – l’adesione sacrale. La norma non può generare il contrario del diritto, il controllo del diritto è se lo Stato inganna il cittadino: fai questo, io lo faccio, dopodiché tu mi bastoni. Quale sarà il livello di adesività dopo, quando si faranno altre norme se lo Stato cambia opinione al cambiare magari di qualche coloritura?
Io ho fatto un servizio importante da giovane, ho assistito un arcivescovo nelle sue quotidianità, dal punto di vista dei rapporti con la città e con la società. Mi ricordo, per esempio, il valore che distingue la liturgia dalla carità. La liturgia ha un valore ma la carità ha una gestualità operativa che arriva lì, nel momento in cui c’è quel bisogno, quello esatto. Si parla di appropriatezza anche nella carità. Noi dobbiamo fare un gesto adeguato, appropriato, non una qualsiasi norma per far vedere, per esibire una specie di vistosità. Stiamo facendo qualcosa, poi metteremo a fuoco quella che per noi è la cosa giusta. Quei cittadini sono rimasti male! Arrivano a me le telefonate e oggi non sono il presidente della Commissione finanze; ad Osnato chissà quante telefonate arriveranno. È legittimo, quelle telefonate sono legittime, più sono e più sono legittime. Invece, io penso che le telefonate della piattaforma rischiano di essere di meno. Quelle lì rischiano di avere un indirizzo; invece, le telefonate dei cittadini incagliati in ragione del fatto che hanno adempiuto ad una norma, sono telefonate che fanno dolore, producono dolore.
Colleghi parlamentari, io penso che noi dobbiamo assolutamente organizzare, sui temi riguardanti la casa, quello che il professore Luigino Bruni… Voi dite: chi è Luigino Bruni? Anche se ritengo che qualcuno alle mie spalle, ma qualcuno anche davanti alla mia veduta, che è di più della vista, sappia chi è Luigino Bruni: è colui il quale ha insediato una cattedra importantissima di economia civile. Luigino Bruni oggi tiene una giornata speciale a Tor Vergata sulla crisi di relazione nella città contemporanea. Nella città contemporanea ci sono stalattiti, che contengono dentro di sé delle anagrafiche di vita, ma non ci sono spazi che consentono la prossimità relazionale. Non c’è la città, se non c’è la prossimità relazionale. E la prossimità relazionale deriva anche da abitazioni sicure, che risparmiano energeticamente, che non mettono sul lastrico e che non inducono di notte ad andare fuori di casa, se c’è una reazione, magari anche conseguente al cambiamento climatico. Da Sarno in poi abbiamo capito che i cambiamenti climatici non sono solo affari di convegnistica, ma sono affari anche della notte, del giorno. Vi prego, colleghi, troviamo la via per fare in modo che questa norma trovi capacità di funzionamento. La norma realizza la linea virtuosa della condotta collettiva. Noi a questo siamo chiamati. Il Partito Democratico ha tenuto una condotta non scenografica, non rivoltosa, non fastidiosa, non “giamburraschesca” in Commissione, ma siamo capaci anche di fare questo. Io vengo dalla terra di Pannella, ho dato la cittadinanza onoraria a Pannella e ho contribuito alla laurea in ragione dell’onore, poiché egli ha portato merito alla democrazia italiana.