Il governo che nasce è un fatto istituzionale che chiama in causa la responsabilità nei confronti del Paese di coloro che hanno reso possibile questo fatto.
Ma prima ancora è un fatto politico che sembrava quasi inverosimile sino a ieri. Questo perché l’arroccamento dei partiti politici ha reso più opaca la loro capacità di leggere nel profondo la realtà e di elaborare proposte e strategie conseguenti.
Questa nuova collaborazione, infatti, più che una contingenza è una opportunità straordinaria per rispondere a esigenze profonde della società e alle grandi masse di esclusi che si sono posti al di fuori del perimetro pubblico.
Il confronto politico tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle ha sulla carta la possibilità di dare vita a un’offerta politica che non riproduca il già visto ma che sappia aprire nuove frontiere relative ai diritti e ai doveri dei cittadini, consentendo al Paese di recuperare molta strada perduta in questo tempo di mutamenti vorticosi.
A quelli che vogliono i confini più stretti e i sovranismi si potrà contrapporre finalmente una visione di Europa non ghiacciata, ma generosa promotrice di una nuova stagione di diritti e di doveri a partire da quelli della cittadinanza europea, istituita dall’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea: occorre ampliare i contenuti di questa cittadinanza assicurando anche strumenti adeguati a supporto, come la creazione di un unico spazio fiscale europeo che recuperi le grandi risorse ancora oggi oggetto di nascondimento, in particolare nel campo del digitale e dell’e-commerce.
Questo recupero ci permetterà di elevare gli standard europei dei servizi assicurati ai cittadini in campi essenziali come la salute e la formazione e di assicurare una nuova stagione di manutenzione e di sviluppo delle infrastrutture per gli spostamenti di qualità, a partire da quelle del ferro, da troppo tempo attese e rinviate.
Anche in questo caso occorre una netta inversione: le risorse destinate a questi fini non dovranno più rientrare nella categoria del debito ma in quella dell’investimento.
Un altro terreno fondamentale che questa combinazione potrà rifertilizzare è quello delle politiche utili alla produzione sostenibile della ricchezza e della sua più giusta ridistribuzione. L’impresa deve tornare al centro delle nostre attenzioni, ma avendo il coraggio e la lucidità di non essere neutrali: le politiche per l’impresa non devono mirare alla semplice esistenza in vita, devono promuovere quelle realtà che sanno produrre ricchezza sociale e occupazionale, innovazione misurabile, coniugandole con la sostenibilità ambientale e con l’investimento nel capitale umano.
La rivoluzione è in politiche che non mirino alla mera anagrafe delle imprese, ma che sappiano favorire quelle che sanno tenere il passo con la contemporaneità e che possono fondare la speranza in un’economia sostenibile progressiva e non rassegnata a un inevitabile rinsecchimento.
Infine la questione democratica, io credo che la combinazione delle nostre forze politiche debba porsi l’obiettivo di generare nuove regole che rendano possibile l’esercizio della democrazia anche dopo la crisi della democrazia, innovando in modo da recuperare nella maniera più idonea le sacche sempre più vaste dell’astensione, del disinteresse, del rifiuto della vita pubblica.
Integrare gli esclusi, dare speranza e futuro ai giovani, recuperare i cittadini all’esercizio della politica, sono questi i fuochi su cui si può misurare l’ambizione dell’esperienza che comincia oggi, e credo che l’altezza dei propositi non possa che agevolare il cammino, che spesso è più disagevole in una palude che su una salita impervia.