Lunedì scorso ho presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica a proposito del potenziamento della linea ferroviaria Roma-Pescara, in particolare nel tratto che dovrebbe passare sotto il Monte Rotondo, facente parte della catena del Morrone. Si tratta di un intervento che comporterebbe una grave compromissione della ricca falda acquifera presente all’interno del monte.
Con quest’atto di sindacato ispettivo chiedo di sapere:
1) se i due Ministri intendano adottare iniziative di competenza volte a promuovere un approfondimento del progetto e delle verifiche eseguite per impedire di aggravare il dissesto idrogeologico già in atto e la sospensione della fornitura idrica in Abruzzo;
2) se intendano adottare iniziative di competenza al fine di migliorare il tracciato esistente, conseguendo altresì importanti economie dal momento che la cifra iniziale stimata per le gallerie del Morrone è di 930 milioni di euro, da reperire;
3) se intendano adottare iniziative, anche di carattere normativo, affinché la Commissione deputata alla verifica dell’impatto ambientale, ogni volta che è chiamata ad esprimere un parere, dichiari non ricevibile un progetto frazionato.
E’ noto che il terzo lotto del progetto per il potenziamento della linea ferroviaria Roma-Pescara prevede la realizzazione di un traforo a circa 200 metri sul livello del mare, per complessivi 12 chilometri circa da Scafa a Pratola Peligna, per la costruzione di due gallerie sotto il Monte Rotondo.
Da studi idrogeologici effettuati nel 1983, 1986 e 1996, pubblicati sulla rivista accademica specializzata «Bollettino della Società geologica italiana» da scienziati dell’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, col contributo dell’università politecnica delle Marche e dell’università di Roma 3, emerge che la realizzazione del traforo, sia per direzione che per quota, costituirebbe un perfetto intercettatore delle copiose linee di deflusso delle acque all’interno del Morrone.
Emerge chiaramente il rischio di scomparsa completa o parziale di gran parte delle 37 sorgenti censite e alimentate dall’importante falda idrica del Morrone, come le sorgenti del Giardino, che danno 1.500 litri al secondo di acqua potabile alle città di Pescara e Chieti e alla Val Pescara, la falda sulfurea di Popoli, le vene che alimentano, con 550 litri al secondo il fiume Sagittario, il Pescara che riceve 1000-2000 litri al secondo, e il torrente Velia per 300 litri al secondo; l’intervento inoltre potrebbe causare la scomparsa di habitat fondamentali per la tutela della biodiversità nelle zone della Valle Peligna, nel Parco nazionale Maiella-Morrone.
La realizzazione dell’opera in tale contesto idrogeologico è cosa pericolosissima per gli stessi addetti alla realizzazione del tunnel: ne è testimonianza il traforo del Gran Sasso, che, nel corso dell’avanzamento dei lavori, fu affetto da improvvise e imprevedibili venute d’acqua di tipo letteralmente esplosivo, con pressioni superiori a 65 atmosfere, che hanno provocato ben 13 vittime in soli 13 chilometri di tunnel; la deviazione del flusso naturale delle acque del Gran Sasso presenta tuttora ricorrenti problemi di potabilità, al punto che il governo nazionale ha nominato un commissario per numerose opere di difesa e di prevenzione/mitigazione del rischio di inquinamento.
Purtroppo la suddivisione dell’opera in lotti, anche se sottoposta a procedura Via, non ha consentito di valutarne sin dall’inizio le conseguenze. Occorre porre rimedio a tale impatto sul serbatoio idrico dell’Abruzzo e occorre farlo subito perché, se si realizzeranno i binari fino al Morrone, poi non si sa come si farà a ripensare il percorso. L’Abruzzo, che, dopo il prosciugamento del lago del Fucino e l’abbassamento di 600 metri della falda del Gran Sasso d’Italia, si avvia a incrementare i suoi record mondiali di dissesto idrogeologico, non può permettersi questo ulteriore intervento, tanto più se si considera che le gallerie servirebbero per velocizzare di una quindicina di minuti il percorso.
Non da ultimo sono da sottovalutare i riflessi sul piano sociale: finirebbero tagliati fuori dal tracciato i comuni di Bussi e Popoli e dintorni, area in cui si trovano le acque sorgive tra le più pulite d’Italia con i relativi ecosistemi acquatici (Capopescara e fiume Tirino) e uno storico insediamento chimico in corso di bonifica, su cui esistono intenzioni di reindustrializzazione basata sulla moderna «chimica verde».
Una dichiarazione rilasciata ieri dal commissario di governo Vincenzo Macello ha bollato questo intervento come “fake news”, e di questo ringrazio il Forum H2O e Augusto De Sanctis che con la loro denuncia pubblica hanno portato alla luce quello che sarebbe stato un vero e proprio scempio.
Sorprende infine che la Regione Abruzzo – che ha approvato il progetto complessivo con la delibera n. 154 del 22/03/2021 – non si sia accorta di questa macroscopica incongruenza. Forse a palazzo Silone sono troppo distratti dalle mance e mancette da distribuire per coltivare clientele: questo accade quando i progetti sono fatti con la lontananza, lo sbadiglio e l’estraneità conoscitiva, badando soltanto a una rumorosa, eccessiva e inappropriata attenzione alle parcelle.


Interrogazione