Stamattina ho inoltrato richiesta per fare visita al carcere di Pescara.
Con questo ulteriore atto di sindacato ispettivo intendo:

  • misurare lo stato della struttura dal punto di vista tecnologico, organizzativo e delle condizioni di
    vita di chi ci lavora e di chi vi è detenuto;
  • verificare qual è la condizione di sicurezza di quella struttura;
  • constatare qual è la sua condizione di staticità e di idoneità, perché a volte sembra più uno
    studentato abbandonato che una cittadella ove consentire il recupero dei progetti di vita di chi è
    costretto a diventarne utente.

C’è un problema di assenza di luoghi capienti in cui ospitare progetti a valenza sociale, e mancano
gli spazi sia nella dimensione di cittadella della pena che nella situazione di città di Pescara. Questo doppio problema si risolve cominciando a mettere in procedura idee e risorse progettuali per la delocalizzazione della struttura: non è difficile – in un tempo nel quale sta decollando la nuova città adriatica – che essa stringa alleanza con un Comune collocato in prossimità territoriale, lungo le colline o la vallata, per trovare un sito che possa ospitare una cittadella moderna, che consenta recupero della vita e pena scontata nel rispetto della dignità della persona, così che Pescara si
riprenda una porzione di città, vista la somiglianza a un letto a castello e l’atavica, irrisolta
mancanza di spazi.

Il Messaggero

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