Sulla giustizia c’è il rischio di diventare dei clericali involontariamente corporativi. Ma entrando nel merito la ragione per cui si fanno le riforme sulla giustizia è per facilitare l’emersione della verità a scapito della verosimiglianza. Ma mentre nel processo ci sono le garanzie per tale emersione, non è così nella fase del procedimento, un ‘safari’ di cui andrebbero prese le misure per evitare che sia composto da marchingegni studiati per sopprimere ciò che si dice.

È necessario che le indagini durino di meno e che l’udienza filtro aiuti l’emersione della verità. Dieci anni per accertare la verità sono troppi! Serve l’integrazione e l’attraversamento delle carriere, altroché la loro separazione. Cerco un PM che abbia fatto prima l’avvocato, poi il giudice e poi ancora l’accusatore. Così come ricerco un giudice che abbia fatto l’avvocato, il PM e poi il giuscrivente delle sentenze. La complessità della ricerca della verità richiede l’intero della consapevolezza esperienziale come richiamava Calamandrei. La separazione delle carriere non risolve uno di questi problemi ma genera solo la corporativizzazione e la verticalizzazione tra polizia giudiziaria e pubblico ministero. Per l’emersione della verità l’obiettivo è l’intero non la parcellizzazione in un pacchetto di propaganda del governo.

Giovedì 9 gennaio sono intervenuto alla Camera dei Deputati sul disegno di legge costituzionale “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”. Nel mio discorso ho avuto modo di dire quello che penso e anche quello che ho studiato e coltivato in 16 anni di approfondimenti su questi temi.


La ragione per la quale si fanno le riforme in materia di giustizia è facilitare l’emersione della verità. La verità ha un grande nemico, ovvero la verosimiglianza. Per l’accertamento della verità noi abbiamo due strumenti temporali: il procedimento e il processo.
Nel processo le garanzie ci sono, ma è nella fase del procedimento che mancano garanzie all’altezza. Nel procedimento, infatti, 4 volte su 10 va in onda in onda un safari di cui noi dovremmo prendere le misure.


L’art. 358 del codice di procedura penale è odiato, evitato e scavalcato: le indagini sono lunghissime, le relazioni di polizia giudiziaria sono frequentemente rimaneggiate a chiamata anche dieci volte, si verificano strattonamenti delle persone informate sui fatti, si invera l’abuso della dicitura “incomprensibile” durante le assunzioni a SIT o gli interrogatori, un’astuzia concepita per sopprimere ciò che si è detto. Inoltre, si determinano curvature attentamente progettate per indurre gli indagati a patteggiamenti condotti attraverso veri e propri patti inconfessabili.
Noi dobbiamo fare in modo che le indagini durino di meno, noi dobbiamo fare in modo che l’udienza filtro aiuti l’emersione della verità. Dieci anni per accertare la verità sono troppi, anche quando c’è un risarcimento danni deliberato dal Consiglio di Stato.


Tutto questo si risolve con la separazione delle carriere? Assolutamente no, poiché questa pretesa resta solo un grande totem con l’unico valore di rendere discusso o discutibile l’ordinamento giudiziario attuale. La separazione delle carriere non risolve alcuna delle questioni su cui ci siamo soffermati.
Piuttosto si deve fare in modo che le carriere si intersechino, si integrino, conoscano attraversamenti. Per quanto mi riguarda è auspicabile che ogni giudice abbia fatto l’avvocato e il PM, e ogni PM abbia fatto prima il giudice e l’avvocato. Ci vuole l’intero della realtà per poter procedere a nutrire l’emersione della verità; l’intero, non la parcellizzazione. La separazione delle carriere organizza una genuflessione nei confronti di un bastimento ideologico che non risolverà nulla.

Piero Calamandrei ha giustamente esaltato la tripartizione delle competenze della dedizione del PM, che deve essere avvocato, PM e giudice al tempo stesso: avvocato per valutare con attenzione le ragioni dell’indagato, PM nel senso di avvocato dell’accusa, per rilevare le ragioni dell’offesa all’ordinamento, e giudice per la parte di esame prognostico che deve assicurare, prefigurando il destino della richiesta dell’azione penale.

Occorre fare attenzione alla corporativizzazione del PM, perché si trasforma in un antagonista irreparabile, centrato sulla polizia giudiziaria e sui tempi del procedimento, senza (o con pochissime) irrilevanti garanzie.


Ho elaborato 12 proposte concrete per rendere migliore e più corretta la fase del procedimento, senza maschere ideologiche e senza genuflessione ai poteri:

  1. Indagini implacabilmente a tempo, durante la fase cosiddetta del procedimento, prima del processo;
  2. Responsabilità civile tipizzata della polizia giudiziaria;
  3. Incarichi a tempo nella polizia giudiziaria, per evitare che qualcuno si trasformi in bracconiere che ricatta gli stessi pubblici ministeri;
  4. Impedire l’uso degli aggettivi nelle relazioni della polizia giudiziaria, se non nelle sentenze, alla fine dell’accertamento della verità;
  5. Le relazioni della polizia giudiziaria non devono essere rimaneggiabili a chiamata, nel senso che è necessario che si possano svelare con la discovery tutte le edizioni redatte della polizia giudiziaria: non può
    esistere un prodotto che compare e tanti altri che scompaiono, poiché pretesi senza riscontro!
  6. Formazione particolare e valutata per ogni innovazione normativa che impatta sulla vita reale dell’economia pubblica e privata, come ad es. i project financing, le Zes, etc.; come si fa a procedere con il depositato mentale precedente?
  7. L’avvocato deve poter accedere alla polizia giudiziaria per le sue indagini difensive;
  8. Anche la difesa deve poter attingere al Fondo giustizia per attivare perizie e indagini difensive;
  9. Per i patteggiamenti, deve completare l’istruttoria un altro PM: dunque, un PM attiva l’iniziativa del patteggiamento, un altro PM – che non è entrato nell’istruttoria in precedenza – conclude il patteggiamento
    proponendolo davanti al GIP competente, per evitare che la provincia italiana diventi un safari di patti inconfessabili e patteggiamenti vergognosi;
  10. Redazione di un Piano degli esiti sulle attività che si conducono coltivando la richiesta di azione penale;
  11. L’udienza filtro deve diventare una vera e propria fase di accertamento della consistenza dell’accusa;
  12. Collegializzazione dell’ufficio dell’accusa.
    Dieci anni per avere la verità sono troppi, anche se accompagnati da 200mila euro di risarcimento.
Dal quotidiano Il Centro

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