Nel 2021 il Comune di Atessa (ente capofila) insieme ad altre 22 municipalità della Val di Sangro
ha istruito e presentato al Ministero per il Sud e per la coesione dell’epoca il progetto per un Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) che prevedeva circa 500 milioni di euro finalizzati a radicare la produzione in quell’area con la creazione di un parco energetico, nuove infrastrutture e un centro di ricerca sull’automotive. Inoltre, il piano prevedeva anche opere per rendere più vivibile e attrattivo il territorio.
Nel maggio dello stesso anno il direttore generale dell’Agenzia per la coesione, Paolo Esposito, ha
trasmesso la proposta alla Regione Abruzzo per la necessaria istruttoria territoriale e condivisione,
ma da Palazzo Silone non è mai arrivata alcuna risposta. Il centrodestra si è limitato a istituire un
tavolo (si potrebbe definire estetico) sull’automotive che, dal suo insediamento nel 2022, ha prodotto solo chiacchiere.
Stiamo parlando di un settore che in Abruzzo occupa circa 23.000 addetti, di cui 20.000 in provincia di Chieti, con un fatturato di 8 miliardi di euro che rappresenta il 48% dell’export dell’intero territorio regionale. Un settore di cui Stellantis è la punta di diamante, e i venti di crisi e di una possibile delocalizzazione in Polonia mettono a rischio un’azienda vitale per l’economia abruzzese.
Sorgono spontanee alcune domande:
1) che fine ha fatto il Contratto istituzionale di sviluppo per la Val di Sangro?
perché la Regione Abruzzo non ha mai risposto al Ministero sul progetto presentato da 23 Comuni
della zona?
2) a che serve un tavolo sull’automotive che in due anni non ha prodotto nulla di concreto?
3) si può ipotizzare un Consiglio regionale sulla fragilità incombente dell’automotive nella Val di Sangro? O dobbiamo attendere la fine della pantomima utile soltanto ad allungare la vita alla stagione dei braccialetti e delle collanine con cui si sprecano le sedute dell’assise regionale?
4) a chi dobbiamo rivolgerci per far entrare questo tema a Palazzo dell’Emiciclo? A Trump, a Dolfi, o alla Procura di Lanciano?