Nel 2023 la spesa per la mobilità passiva, ovvero i soldi che la Regione Abruzzo ha pagato ad altre Regioni per far curare i propri cittadini, ammonta a 138 milioni di euro. Sottraendo le risorse incassate con la mobilità attiva, pari a 78 milioni, si arriva ad un passivo di 60 milioni. Sono i dati agghiaccianti che emergono da un dossier realizzato dall’Agenzia sanitaria regionale.
Di questi 60 milioni, oltre la metà (31 milioni) proviene dalla Asl teramana, buona parte (25 milioni) da quella teatina, una quota minore (9 milioni) dall’azienda pescarese, mentre l’unica ad avere un saldo attivo è quella aquilana (5 milioni) grazie all’attrattività delle sue strutture.
Complessivamente sono 30.881 gli abruzzesi che l’anno scorso si sono recati fuori dai confini regionali per curarsi, con un tasso di emigrazione del 24,3% ogni mille abitanti. Le differenze tra le quattro province sono significative: a Teramo si ricorre più di ogni altro luogo ai ricoveri extra regionali (32,2%), seguono L’Aquila (26,4%), Chieti (22,7%) e Pescara (16,7%).
Al di là del dato puramente economico, è sconsolante constatare che un teramano su tre e un aquilano su quattro scelgono di curarsi fuori regione. Si tratta di un segnale evidente della sfiducia che buona parte degli abruzzesi nutre verso il sistema sanitario regionale.
Sarà il caso che il presidente Marsilio e l’assessore alla salute Verì – raro caso di amministratore bocciato dagli elettori ma riconfermato al proprio posto – comincino a elaborare strategie per porre un freno a questa situazione: la campagna elettorale è finita, le bolle di sapone sono evaporate ma i conti continuano a essere in rosso.