La vicenda delle mancette di fine anno targate Regione Abruzzo è passata dai toni della farsa a quelli del dramma, soprattutto per le tasche dei cittadini. Ricapitolando:

1) mentre distribuiva 18 milioni di euro a oltre 2.300 beneficiari grazie all’emendamento omnibus
di fine anno, la maggioranza in Consiglio regionale disponeva che l’erogazione di quella somma
fosse condizionata a “maggiori entrate tributarie” di pari importo;

2) allo stesso tempo la giunta regionale sapeva – perché un debito di tali proporzioni non emerge
dall’oggi al domani – che le quattro Asl abruzzesi avevano un passivo enorme, quantificato illo tempore in 122 milioni complessivi e in aumento progressivo, un aumento delle liste d’attesa e il record di 108 milioni di euro l’anno di mobilità passiva. Questo debito è stato taciuto, per far sì che quei denari promessi ad associazioni, pro loco, Comuni e collegamenti vari dell’amichettismo creassero consenso elettorale in vista del voto regionale del 10 marzo;

3) passata la verifica delle urne, arriva la notizia del debito ciclopico della aziende sanitarie e la conseguente necessità di una variazione di bilancio lacrime e sangue per ripianare il disavanzo. Le
collanine e i braccialetti diventano così un miraggio, ma ormai la festa si è fatta e i voti sono stati
dati.

4) resta soltanto un passivo monstre da risanare per il settore più delicato di un’amministrazione regionale: quello sanitario, i cui guasti gli abruzzesi sperimentano ogni giorno sulla loro pelle.

E’ giusto fare alcune considerazioni sul comportamento del centrodestra che governa l’Abruzzo:

  • per elargire denaro pubblico è necessario fare bandi seguiti da istruttorie, evitando le elemosina che in certi contesti assumono la sembianza di corruzione;
  • ci risulta di candidati al Consiglio regionale che sono andati in giro per i paesi alla ricerca di esponenti di associazioni dicendo: datemi il nominativo di un’associazione e vi darò qualche migliaio di euro. Si può agire così?
  • c’è un solo modo di distruggere questa nefandezza: produrre una delibera per revocare quel provvedimento scellerato, maledetto, immorale, antigiuridico e distruttore di educazione; lo facciano gli autori dei contatti e i piazzisti di paese.
Il Messaggero

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