La ricetta fiscale del PD deve essere distinta dalla pace fiscale a sfondo condonistico della destra e dalla maniacale aggressione fiscale che non sa distinguere propria di alcune posizioni estreme. Ricette vecchie e inutilizzabili nel post covid, nell’emergenza prezzi e in piena stretta monetaria. La strada maestra è quella della premialità selettiva: chi usa pagamenti digitali ha immediatamente il rimborso della detrazione, chi ha il bollino blu dell’agenzia paga meno tasse, meno interessi sui finanziamenti bancari, arriva primo negli appalti e nelle gare pubbliche. Pagare le tasse conviene. Pagare tutto per pagare meno: sono slogan “distonici” ma servono a interpretare una via diversa della proposta fiscale. Gli artigiani, le imprese, i lavoratori autonomi produttori di reddito e ricchezza non possono sperare solo in una sola aliquota fiscale, ma hanno bisogno di essere tutelati in ogni fase del rapporto con il fisco. E il fisco è solo una faccia del fare impresa: credito, previdenza, commercializzazione dei prodotti, sono tutti aspetti che stanno a cuore a chi produce e fa impresa: non serve a nulla promettere una tassa piatta a chi poi non può produrre ricchezza. E quindi: parità con il fisco, tecnologia al servizio dei contribuenti, servizi “su misura” e attenzione ai momenti temporanei di difficoltà. Il Covid ha insegnato che senza le strutture pubbliche non si può fare impresa.