L’occasione per l’Abruzzo dei piccoli comuni di iniziare a pensare in grande? Il senatore Luciano D’Alfonso vede nella Nuova Pescara un passaggio quasi obbligato per consentire alla sua regione quel salto anche “culturale” necessario ad aprire tutta un’altra storia: «La Nuova Pescara è la prima “Città progetto” – spiega – perché affronta e supera il bastione del confine, che tanto male ha portato all’umanità».
Un concetto quasi filosofico.
«La categoria del confine ha prodotto conflitti e distruzioni che sono l’esatto contrario del futuro. I decenni che abbiamo di fronte demoliranno la cate- goria del cittadino residente, permanente e definitivo. La Nuova città sarà riconosciuta per i servizi e i beni che è in grado di offrire. I cittadini sono portatori di progetti, esigenze e opportunità non solo conoscitive. La stanzialità non caratterizzerà tutto il territorio. Le dimensioni saranno lo spazio, il tempo e, soprattutto, la semplicità nel fronteggiare le tante emergenze imposte dalla complessità. Gli anni servono tutti per costruire bene la capacità di funzionamento duraturo».
Come dire che per l’Abruzzo dei piccoli e piccolissimi comuni, dare vita a una città di 250.000 abitanti impone di scrollarsi di dosso anche un certo provincialismo, di liberare certi spazi mentali e non solo fisici?
«L’Abruzzo, orgogliosamente, si declina da sempre al plurale e pensa Abruzzi. I territori vanno riorganizzati facilitando processi di composizione strategica. E gli Abruzzi meritano un pluralismo progettuale che assicuri ovunque livelli adeguati di funzionamento. Non solo in riferimento ai servizi essenziali. Realizzare il proprio progetto di vita deve essere semplice ovunque, partendo dal benessere della persona, dall’impresa economica, dalla qualità del tempo libero. Uno studioso di economia che simpatizza per gli Abruzzi, come De Rita, ha usato l’espressione “Abruzzo cantonale” du- rante una nostra conversazione, proprio per delineare il bisogno di progetti diffusi, attrattivi per ciascuno territorio, partendo dal basso».
Un suo emendamento in Sena- to ha consentito di liberare risorse per 10milioni di euro destinate alla Nuova Pescara, a partire dal 2023. Come saranno utilizzati questi soldi?
«Le risorse economiche sono in giacenza e molte altre sono bersaglio sicuro. Penso, da subito, a una pianta organica dedicata che permetta alle Risorse umane della Nuova Pescara di sentirsi cantiere di progetti continui. Prima di tutto, però, la Città Nuova necessita di un vero e proprio pensiero metropolitano, capace di unirsi a una impegnativa attività conoscitiva che non trascuri nessuna delle tre città di provenienza: Pescara, Montesilvano e Pe- scara. Mi riferisco alla configurazione di un curriculum vitae per la Città progetto che valorizzi e componga le infrastrutture tecnologiche dei tre territori, delle tre amministrazioni. In particolare, che razionalizzi secondo verità i documenti contabili e le situazioni di potenziale contenzioso”.
A chi toccherà monitorare questo complesso scenario dall’esterno?
«Lo Stato dovrà produrre garanzie di attività, di partecipazione e di innovazioni decisionali. Per questa ragione c’è la necessità di produrre tutti insieme un pensiero politico metropolitano e non solo di gonfiezza urbana. E’ l’unico modo che abbiamo per rispettare la volontà dei 100.000 adriatici che si sono espressi positivamente al referendum per la Nuova Pescara».
Anche l’utilizzo delle infrastrutture esistenti richiederà una svolta: i collegamenti marittimi con la Croazia (per altro assenti da qualche anno) potrebbero lasciare spazio alle navi da crociera e ad altre idee? O ci sono anche altre possibilità?
«Nuova Pescara deve essere la Città delle reti, dei flussi, delle relazioni. La Città progetto che chiede di nascere impone una riorganizzazione territoriale della collina, della montagna. Soprattutto un ripensamento macroregionalista. La Nuova città evoca l’ingrandimento della nostra regione di riferimento, utilizzando tutti gli spazi costituzionali dell’articolo 117 (la potestà legislativa affidata a Stato e Regioni). Va ricercato anche l’aggancio con l’Euroregione Adriatico-Ionica, dove l’Abruzzo conta ancora troppo poco.
La Nuova Pescara, grande città senza confini, al centro dell’Europa adriatica, dovrà giocare un ruolo di primissimo piano. Per questo salto di qualità, il primo nemico è proprio la mentalità provinciale».
Sul piano strettamente politico, quali sono gli ostacoli ancora da superare? Visto che da alcune parti c’è stata resistenza al progetto.
«La classe dirigente va aiutata nella sua domanda di comprensione del presente, del futuro e della certezza di funzionamento. Nessuna città di provenienza va trascurata, poiché si cambia completamente piano di amministrazione, del presente e del futuro. Le attività deliberative della nuova città non dovranno sacrificare le iniziative di valore di nes- suna comunità territoriale. Devono però essere accantonate le contrapposizioni per favorire tutti: eletti di oggi e di domani, dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ordini professionali, portatori di competenze, anche espressione dei movimenti».
Provi a descrivere l’identikit del sindaco della Nuova Pesca- ra? Quali caratteristiche pensa che deveavere?
«Serve un vero combattimento dei più motivati. Penso alla totale scomparsa della “paura” su ogni decisione da assumere.
Ho in mente la moderazione di Carlo Pace, la determinazione di Nicolino Cucullo, la capacità progettuale di Luciano Russi, la passione per la città di Carlo Masci, la competenza di Antonio Mancini, la visione trasversale di Mario Collevecchio. Nuova Pescara, oltre al nome, ha un cognome che denomina i suoi cittadini: Adriatica, poiché adriatici sono i nostri concittadini».
di Saverio Occhiuto, dal quotidiano Il Messaggero