“La discrezionalità mobile dell’azione penale”. E’ questo il titolo della tesi di laurea dello studente in Giurisprudenza all’univerisità di Teramo Luciano D’Alfonso, che si è meritata il punteggio di 110 e lode. Per l’ex presidente della Regione Abruzzo, oggi senatore del Partito democratico, si tratta della terza laurea, dopo la laurea in Scienze Politiche nel 1999, sempre a Teramo, e in Filosofia nel 2004, alla D’Annunzio di Chieti e Pescara.
In introduzione alla tesi, D’Alfonso ha scritto quanto segue:
“Per anni, lungamente, ho pensato che il destino della persona umana fosse realizzare; adesso, da un tempo che non so collocare tradizionalmente, mi sono convinto che siamo fatti soprattutto per capire perché si realizza ciò che ci accade. Il diritto penale non può essere confinato nello spazio degli addetti ai lavori, poiché sempre di più lo si incontra ovunque e, se non si ha almeno la confidenza con il pensiero giuridico, purtroppo si rischia di perdere la capacità di stupirsi, facendosi abitare per sempre dalla doppiezza del pensiero, dalla doppiezza del sentimento, dalla incessante necessità di spostarsi continuamente con lo sguardo. La mia tesi, da amante adulto della lettura che si ripete, vuole essere soprattutto una ‘tensione per capire’, fino in fondo, le necessità del diritto penale, per provare a limitarne i danni, gli abusi, le tentazioni che distruggono, perché prive della cultura del limite, a causa del prevalere della logica della competizione, che difficilmente si incontra con la ricerca della verità”.
“Oggi mi sono emozionato, e questo significa che sono vivo, e che ho ancora uno spirito giovanile – ha detto D’Alfonso ai cronisti che lo attendevano fuori dall’aula -. Davvero ho vissuto emozione, e voglio anche anticipare che continuerò a studiare. Proverò ad iscrivermi ad Architettura e a Teologia, per studiare la città dell’uomo con architettura, e la città di Dio con teologia. Spero di poterlo fare, ho spiegato ai miei figli che voglio studiare fino a 60 anni, per cui voglio assomigliare a loro fino a 60 anni”.
“Quest’ultimo percorso di studi è frutto anche del dolore personale vissuto a causa dell’errore che a volte sfiora la giustizia, in particolare nella fase istruttoria. Conoscere per riuscire a rendere più rigorosa e garantista questa fase cruciale del procedimento giudiziario è l’intento che ha animato questa ultima fatica da studente.”
“Nella tesi ho spiegato come il pubblico ministero – ha affermato D’Alfonso – sia una figura fondamentale, che deve disporre del diritto e del dovere dell’obbligatorietà dell’azione penale. Però poi quando porta avanti il suo lavoro, non può essere lasciato solo. Ci serve collegializzazione, per garantire la qualità del lavoro, che sia di discernimento oggettivo, al riparo dalle antipatie e dal risentimento, dal voler apparire grande davanti anche alla pubblica opinione”.
“Ho fatto una proposta durante questo lavoro e anche durante la discussione – aggiunge il senatore -: fare in modo che si abbandoni l’ideologizzazione della separazione delle carriere, fare in modo che si accetti definitivamente l’obbligatorietà dell’azione penale, che non vuol dire sempre discrezionalità, ma si deve determinare che il lavoro del pubblico ministero a un certo punto sia collegiale. Piero Calamandrei, nel 1949, diceva che il pubblico ministero deve assomigliare all’avvocato per combattività, e al giudice per imparzialità. Io molte volte ho trovato pubblici ministeri competitivi, quasi convocati da una logica di competizione sportiva, e molte volte erano abitati da risentimento”.