Matteo Renzi è riuscito nuovamente a occupare la scena della politica italiana dimostrando le non comuni capacità di leadership che persino i detrattori, sia pure a denti stretti, gli riconoscono.
Dopo aver sconvolto i piani dell’ex ministro bagnante che credeva di avere in tasca le elezioni e pregustava i pieni poteri, dopo aver favorito la combinazione con i rivali storici del Movimento 5 Stelle e la nascita di un nuovo governo che può essere l’antidoto alla lunga crisi italiana, spariglia nuovamente le carte annunciando l’uscita dalla casa comune dei democratici per avventurarsi nel cammino nuovo che reca le insegne di Italia viva.
Quest’ultima mossa era in qualche modo nell’aria da tempo, ma una volta prodotta ha generato non poche preoccupazioni per la stabilità del Governo appena entrato nella pienezza dei suoi poteri.
Alcuni di questi timori non nascondono il malanimo di chi li esprime, ma senza dubbio esiste una questione che merita di essere chiarita. Stiamo vivendo una circostanza eccezionale della politica italiana che vede il connubio di forze che si sono fermamente contrapposte, un connubio necessitato dall’emergenza ferragostana, ma anche dal bisogno di evitare un tracollo economico e finanziario al Paese.
Questa coabitazione, tuttavia, può, deve a mio avviso, avere un respiro maggiore e trasformarsi in una stagione nuova nelle forme e nella prassi della rappresentanza politica delle aspirazioni e dei bisogni della società italiana minata dalla sfiducia e dalla frammentazione.
Se c’è la fertilità delle idee di una grande comunità politica, e ancor meglio di due grandi comunità politiche che trovano un linguaggio comune nei progetti che sorreggono l’azione di governo, questa stagione può nascere e svilupparsi permettendoci di recuperare alla vita democratica del paese i tanti concittadini rassegnati al disinteresse e frustrati dai bisogni ignorati e dai diritti negati. Se è ambiziosa la sfida, non meno rilevanti sono le questioni da affrontare come quella del rapporto tra l’uomo e la natura, della riformulazione e della piena attuazione della cittadinanza europea, della ridefinizione dei tempi e degli spazi della comunità determinati nelle nostre vite dal progredire della tecnica.
C’è bisogno dell’ascolto, di insoddisfazione per la risposte attualmente a disposizione, della capacità di confrontarsi con orizzonti radicalmente diversi dai nostri. La nuova via, insomma, chiede apertura, vastità di orizzonti che rischiano di mal conciliarsi con appartenenze che si fanno più ristrette e sartoriali. Lo slim fit serve a esaltare le forme di chi l’indossa, a distinguerlo. In questo momento credo serva più enfatizzare il valore di un collettivo che dovrebbe farsi sempre più largo, se veramente vogliamo provare a dire cosa può essere la democrazia dopo la fine della democrazia. Per questa ragione io credo che l’ultima scelta non renda giustizia al grande valore che Renzi rappresenta per il riformismo italiano e che non lo metta nelle migliori condizioni per dare il suo insostituibile apporto al cantiere comune. Confido, comunque, che egli sappia nuovamente sorprenderci, dimostrando una volta di più le sue doti straordinarie di attore politico al servizio dell’Italia.