Competenze. È stata questa la parola chiave che ho utilizzato sabato scorso, a Pescara, in occasione dell’Assemblea regionale del Partito Democratico. In particolare, ho isolato il concetto della «democrazia delle competenze», che è la negazione dell’oggi tanto invalso «uno vale uno», per rilanciare il merito. Il merito di ciascuno.
Anche per questo, nel mio intervento ho messo in evidenza il lavoro intelligente e pacificante, messo in atto dagli organizzatori dell’Assemblea regionale del Pd. Questo perché io nutro simpatia per chi si coltiva e coltiva l’approfondimento.
Ora però siamo arrivati al punto, ho rimarcato, in cui dobbiamo stabilire una nuova gerarchia di priorità. E questa priorità, ho insistito, è, appunto, la «democrazia delle competenze». La politica, infatti, si occupa di questioni irripetibili, come le risorse, e quindi ha bisogno di competenze. La politica deve produrre competenza, ho ripetuto, e ho fatto notare, in particolare modo, che la politica, proprio come sta accadendo in questi giorni, discute delle competenze delle regioni.
Ora a noi, argomento sul quale ho posto l’accento, spetta il compito di prefigurare la realtà. Per fare questo, dobbiamo tornare al periodo che precede il grande pensiero abruzzese, a prima di Silvio Spaventa e di Melchiorre Delfico. Noi, in quest’ottica, dobbiamo ritrovare un pensiero. Ritrovare un pensiero, per poi ingrandirlo. Per il futuro, inoltre, durante l’Assemblea del Pd ho esortato ad andare oltre gli attuali steccati politici, poiché una coalizione va costruita, anche con chi oggi è lontano da noi.
Ponendo infine una domanda cardine: dopo la democrazia, che forma avrà la democrazia? Nostro compito, dunque, sarà quello di saper coniugare la cittadinanza europea, anche in virtù di un reddito di cittadinanza, anch’esso europeo, per condividere ricchezza. Noi del Pd abbiamo tutti gli strumenti per muoverci su questa direzione, in quanto il nostro è il partito del merito, del merito tematico. Il partito Eta Beta del pensiero, tanto per tornare alle mie letture di bambino. Una strada che ha, tra gli altri, già tracciatoAlessandro Natta, quando osservava che bisogna prima studiare e poi coltivare il dubbio.