Più che di una partenza «cauta», come ha titolato un quotidiano locale nei giorni scorsi, a proposito dei fatidici primi centro giorni del governo regionale presieduto da Marco Marsilio, io parlerei di avvio al rallentatore, come si diceva una volta, nel gergo calcistico.
Sono i numeri, a dirlo, i quali, se spesso da alcuni giuristi e filosofi della politica sono esecrati come strumento di misura della qualità della politica (su tutti, il grande Federico Persico, ma si veda anche tutto il dibattito sulle corporazioni tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900), è pur vero che «i fatti hanno la testa dura».
E i fatti, a differenza di quelle che Cartesio chiamava ”fattizie”, dicono che durante i miei primi cento giorni al timone della Regione Abruzzo (voglio ricordare che governare deriva da gubernaculum, il quale in latino significa, appunto, “timone”) io misi in atto in primis l’organizzazione della macchina amministrativa, con lo snellimento da 14 a 7 direttori regionali e l’arrivo della figura del Direttore Generale sovraordinato.
Inoltre, ricordo, furono stabiliti dal mio governo, e deliberati, 171 milioni di euro per i depuratori.
Non solo. In aggiunta a queste decisioni di valore molto più che simbolico – come “simbolico” è il valore di natura giornalistica che si dà a poco più di tre mesi di lavoro – ma altamente pratico, fu approvato un finanziamento a favore di tutti i Comuni abruzzesi, mi riferisco alla Rete Internet, per la Banda Larga e Ultra larga.
A ciò, poi, si aggiunga la copertura finanziaria e progettuale della Fondovalle Sangro, dopo 40 anni di attese, strategica per le comunicazioni e il trasporto stradale, e fu dato inizio al lavoro competitivo con il governo centrale di Roma per il riordino dei conti della Sanità al fine di uscire dal Commissariamento Statale.
Pertanto paragonare i primi cento giorni della nuova giunta regionale – sorta nel febbraio scorso, per la quale si può parlare solo di qualche delibera approvata – con i miei primi cento giorni da presidente della regione Abruzzo, sarebbe come dare vita a quella che il compianto Giovanni Sartori, uno dei più grandi scienziati della politica di sempre, chiamava can-gatto. E il can-gatto, nonostante le grandiosi innovazioni, e anche manipolazioni genetiche della ricerca scientifica, ancora non esiste.