Massimo Bordin ha saputo coniugare in modo mirabile due militanze, due obbedienze apparentemente in insanabile contrasto tra loro: l’appartenenza ideale e la professione giornalistica. Nessuno può negare che Bordin sia stato un uomo impegnato e coerente nella lotta e nella testimonianza delle sue ragioni e dei suoi ideali, ma credo che sia arduo trovare un giornalista che più di lui sia riuscito a esporre i fatti nella loro nudità, con una laicità compiuta che gli permetteva un’obiettività piena e assoluta nel dare conto di quanto quotidianamente andava svolgendosi in Italia e nel mondo. Per decenni la sua voce inconfondibile ci ha permesso ogni mattina di trovare nel mare in subbuglio dell’informazione un riferimento per orientarci con sicurezza.
Il suo lavoro ha consentito a tanti di rinvenire nella sempre impura complessità della vita democratica italiana una consapevolezza su cosa andrebbe detto e fatto, senza concedere mai nulla al moralismo canagliesco e sempre combattendo la gattopardesca acquiescenza all’eterno svolgersi dello stato delle cose.
Bordin è stato senza dubbio un cittadino benemerito della Repubblica italiana, e con lui la Radio radicale che ha diretto per tanti anni. Non possiamo consentire che con la sua voce si perda anche questo strumento che è stato sino ad oggi una componente importante dell’aria che ci fa respirare, malgrado tutto, la libertà nel suo farsi ed esprimersi nella società italiana.